Caccia di selezione - la gestione del capriolo e
del daino
Nel corso delle ultime stagioni
venatorie è notevolmente aumentato il
numero delle persone interessate alla
caccia di selezione (correttamente
inteso come prelievo programmato
sostenibile) e la superficie di
“territorio libero” ad esso dedicato, in
considerazione della crescita e della
diffusione degli ungulati, nel contesto
CAPRIOLO e DAINO.
Piani di prelievo
Si rende così necessario l’intervento
regolare dell’uomo con la pianificazione
di piani di prelievo che viene
effettuato su un numero di animali
proporzionato alla densità rilevata con
i censimenti, su determinate classi di
età e di sesso.
Un ruolo centrale anche per quanto
riguarda la gestione della specie daino
è da attribuire ai censimenti che
permettono di valutare il numero di
individui della popolazione e
predisporre il relativo piano di
prelievo. Gli stessi vengono effettuati
da postazioni fisse tra fine marzo e
inizio aprile, prima della caduta dei
palchi, momento in cui i daini
prediligono gli ambienti aperti rendendo
più attendibile e facile il conteggio.
In questi primi anni, infatti, si è
proceduto ad assegnare piani di prelievo
prudenziali (“conservativi”) vista la
probabile dinamica di espansione in atto
(sia numerica che territoriale) dei
nuclei di capriolo e daino presenti.
Tuttavia, i dati ad oggi rilevati,
inducono a ritenere la presenza ben
affermata almeno per alcuni distretti in
cui l’IPA (Indice Puntiforme di
Abbondanza, rapporto fra i capi
avvistati in una singola sessione ed il
numero di postazioni di censimento
utilizzate) è in crescita nel corso
degli anni di censimento.
Negli anni si è sempre evidenziata una
tendenza a realizzare tutti gli
abbattimenti assegnati per i maschi di
classe II e a non completare il piano
per le altre classi, soprattutto femmine
e classe 0. Questo può essere dovuto
alla “passione” per i trofei ed
all’idea, tipicamente venatoria, che non
si debbano prelevare le femmine.
Monitoraggio sanitario
La normativa vigente non prevede alcuna
indagine sanitaria obbligatoria a carico
dei capi abbattuti, tuttavia, in campo
veterinario, le interazioni fra fauna
selvatica e domestica, sono attualmente
oggetto di notevole interesse. Per
questo, a seguito di contatti intercorsi
fra l’A.T.C. Perugia 1, il Servizio
Faunistico e l’Istituto Zooprofilattico
dell’Umbria e delle Marche di Perugia si
sono avviate (con la collaborazione
volontaria dei selecontrollori) alcune
indagini preliminari sui caprioli
prelevati, in particolare riguardo a:
tubercolosi, paratubercolosi ed altre
malattie.
Fattori limitanti
Come si rileva dalle pubblicazioni in
materia, due dei principali problemi
alla salvaguardia delle popolazioni di
Ungulati selvatici sono costituiti dal
bracconaggio e dal randagismo canino:
quest’ultimo non appare tuttavia di così
notevole impatto quanto il bracconaggio,
almeno nella nostra Provincia.
Le ridotte risorse disponibili in
termini di uomini e mezzi per la
vigilanza venatoria, l’uso di cani non
adeguatamente addestrati e l’isolamento
(in senso di vie di comunicazione
agevoli e/o prossimità di case abitate)
di molte zone dove sono presenti nuclei
di capriolo e daino sono solamente
alcuni dei motivi per cui è
relativamente facile bracconare le
suddette specie.
Il risultato del prelievo illegale non è
solo quello di ridurre le consistenze
(che localmente, con alte densità,
possono anche essere “sopportate” dalle
popolazioni) quanto di limitare
fortemente i processi di colonizzazione
di nuovi territori, cosa che per una
specie (autoctona) così rilevante dal
punto di vista gestionale e
conservazionistico come il capriolo non
è assolutamente auspicabile nella nostra
Regione.
Dobbiamo anche tener conto del fatto che
con l’introduzione di questa forma
gestionale, che vede impegnati sul
territorio per una gran parte dell’anno
i cacciatori abilitati, ne circoscrive
il prelievo illegale.
Esiste ancora, questa forma di prelievo
illegale che va combattuto con ogni
mezzo, anche perché il fenomeno del
bracconaggio ha risvolti sociali
pericolosi. Gli illeciti in merito
riguardano la macellazione, il consumo e
la commercializzazione clandestina di
selvaggina non controllata, che hanno un
impatto enorme sull’ecosistema e sulla
fauna selvatica.
Il bracconaggio dovrebbe essere
considerato un reato grave e come tale
perseguito con decisione da tutti gli
organi competenti presenti sul
territorio, precisando che di fatto, non
esiste una vigilanza efficace né sul
piano della prevenzione né su quello
della repressione.
Con ciò vorrei stimolare una riflessione
e una sensibilizzazione che possa
contribuire a contrastare il fenomeno in
maniera più incisiva.
La caccia, in generale, dovrebbe essere
praticata in base ai principi di
salvaguardia e rispetto per un
patrimonio che deve garantire risorse
anche per il futuro, quindi importante è
il rispetto di semplici valori etici
dell’antica arte venatoria.
Le suddette questioni, dovrebbero legare
il cacciatore di selezione nel
territorio ove lo stesso risiede
anagraficamente, al fine di impostare un
equilibrato rapporto tra il distretto di
competenza e il patrimonio da proteggere
e rendere fruttuoso, in maniera tale da
ottenere una corretta gestione venatoria
della specie capriolo e daino. In 10 anni di gestione sono stati
istituiti 28 distretti. |